“Mi ghe son obblighà de quel che l’ha fatto per mì, e anca ste altre novizze le ghe xé obbligae; ma me despiase, che el xé forèsto, e co’l va via de sto liógo, no voràve che el parlasse de nù, e che andasse fuora la nomina, che le Chiozotte xé baruffante; perché quel che l’ha visto e sentìo, xé stà un accidente. Semo donne da ben, e semo donne onorate; ma semo aliegre, e volemo stare aliegre, e volemo balare, e volemo saltare. E volemo che tutti posse dire: e viva le Chioza, e viva le Chiozzotte.”
Locandina
In una calle di Chioggia nel 1762, un gruppo di donne chiacchierano lavorando a “tombolo” in fervida attesa per l’imminente arrivo dei propri uomini dal mare dopo parecchi mesi di lontananza.
Tra loro Donna Pasqua e Lucietta, rispettivamente moglie e sorella di Padron Toni e Donna Libera, Orsetta e Checca, moglie e cognate di Padron Fortunato.
L’arrivo di Toffolo, giovane batellaio, interrompe la tranquilla conversazione, ma il fatto che il giovane offra un po’ di zucca cotta (succa barucca) a Lucietta, fa nascere nelle altre donne il sospetto che ci sia del tenero tra i due giovani, impensabile per quei tempi dato che Lucietta è già fidanzata con un altro pescatore di nome Titta Nane piuttosto geloso.
Il mercante di pesce Padron Vincenzo porta la notizia che gli uomini hanno attraccato al molo Vigo e le donne si lasciano promettendosi di non parlare dell’accaduto. Tra il dire e il fare c’è di mmezzo il mare, tanto che Titta Nane viene informato delle “avance” di Tofolo facendolo andare su tutte le furie.
Aggredito dal collerico fidanzato, Toffolo corre in Cancelleria dal Giovane Coadiutore (cogitore), si pensa che nella realtà fosse proprio Goldoni, per denunciare il fatto.
La bonomia del giovane avvocato è subito evidente, come pure è evidente la sua volontà di aggiustare tutto pacificamente.
Non è però così facile come può sembrare. Anche Beppo un altro pescatore che ha aggredito insieme a Titta Nane Toffolo, non vuole sapere di riappacificarsi, così pure l’interrogatorio di quasi tutti i personaggi da parte del Cogitore in Cancelleria riesce a metter in chiaro di chi sia stata veramente la colpa del “fattaccio”. Per fortuna dopo una lunga mediazione delle “legge” e dopo aver perso quasi tutte le speranze, il buon Coadiutore riesce a far riappacificare Titta Nane con Lucietta e di conseguenza tutti gli altri collerici famigliari.
Finirà in allegria e con parecchie promesse di matrimonio, pur sapendo che proprio per l’indole turbolenta del popolo chioggiotto, la pace non sarebbe durata molto a lungo.
Finisce la commedia con una precisazione di Lucietta che, rivolgendosi al pubblico, spiega che tutto quello che è successo è stato un incidente, e che il popolo chioggiotto non è come si può supporre “baruffante” ma al contrario, ama ballare e divertirsi affinché tutti quelli che verranno a Chioggia posano cantare le lodi.
L’orgoglio di tutto un popolo
Allestite subito dopo “Sior Todaro brontolon”, “Le Baruffe Chiozzotte” – dette anche sinteticamente “Le Chiozzotte” – vennero rappresentate nel 1762 ed ebbero, come scrive Goldoni nelle sue memorie, “un mirabile effetto e un esito brillantissimo” : la commedia venne recitata per sette sere di seguito e replicata due volte ancora prima della fine del carnevale.
Partite in sordina, oggi “Le Baruffe” sono ormai unanimemente considerate dalla critica una tra le migiori opere dell’arte goldoniana. La sua fortuna rimase un po’ in ombra fino alla fine dell’Ottocento, soprattutto perché pesava sugli allestitori e sugli attori un dialetto (il chioggiotto) assai difficile e la necessità di offrire una coralità all’esecuzione; era necessario cioè un cast di attori tutti di pari talento, in modo che non ci fosse un primattore o una primattrice che catalizzasse l’attenzione su di sé.
Correva l’anno 1786 quando arrivò a Chioggia un illustre spettatore che testimoniò tutta la potenza espressiva di questo “dipinto” realista del Goldoni: era Goethe – drammaturgo e poeta tedesco – che durante il suo viaggio in Italia nel 1786, sottolineò l’entusiasmo degli spettatori che si vedevano rappresentati con tanta naturalezza e verità sul palcoscentico. Ma è nel corso del Noveceno che “Le Baruffe Chiozzotte” si sono rivelate alla critica e al grande pubblico in tutta la loro importanza: le più grandi compagnie le hanno messe nel proprio repertorio, favoriti anche dal più deciso espandersi del livello culturale generale nel nostro paese, che permetteva una maggiore e migliore comprensione della recitazione, che ha impegnato celebri attrici come Lina Volonghi e Ave Nichi. Grandiosa la rappresentazione del 1964 diretta da Giorgio Strehler con Carla Gravina, Corrado Pani , Tino Scotti e Ottavio Piccolo, Lina Volonghi e Mario Valdemarin per ricordare alcuni di quelli che conosciamo meglio.
L’ opera è un unicum nel panorama goldoniano e rappresenta il ritorno ad un mondo popolare, reale, così lontano dal mondo borghese e nobiliare solitamente rappresentato dallo scrittore veneziano da sembrare persino irreale, fuori dal mondo: i protagonisti sono gli umili pescatori e le loro mogli, dopo la piccola nobiltà dei conti e dei marchesi, la media borghesia affacendata in botteghe e locande, ecco il mondo di coloro che vivono senza pretese di richezze pur conservando tutta la loro dignità.
E’ come se Goldoni (che a lungo visse a Chioggia), con penna e calamaio al posto della telecamera, si fosse aggirato immerso nelle nebbie della laguna, per le calli, lungo le rive dei canali, all’interno delle case di Chioggia per registrare le parole e i rumori, catturare gli odori, dipingere le figure che affollavano la città. Lo sforzo dello scrittore veneziano non si appiattisce solo su un piano meramente visivo, anzi attraverso lo scorrere dell’opera ci mostra con mirabile maestria non personaggi che potrebbero risultare fittizzi alla nostra sensibilità, ma persone in tutte le loro dimensioni che affrontano i flussi e riflussi dell’esistenza. Persone che tornano a casa distrutte dopo un lavoro pericoloso che li trascina per mesi e mesi in mare, persone che s’infuriano bruciate dalla gelosia, persone che lottano, amano e in definitiva vivono.
Condizioni esistenziali e affetti che trovano la loro più precisa, intensa estrinsecazione nello stesso dialetto chioggiotto misto di veneziano, o dialetto veneziano misto di parole e accenti chioggiotti.
Personaggi Padron Toni, padrone di tartana (Antonio) Donna Pasqua, sua moglie Lucietta, sorella di Toni Beppe, fratello di Toni Titta-Nanne, giovane pescatore (Giambattista) Padron Fortunato, pescatore Donna Libera, sua moglie Orsetta, sorella di Libera (Orsolina) Checca, altra sorella (Francesca) Padron Vincenzo Toffolo, battellaio (Cristoforo) Isidoro, coadiutore della cancelleria criminale Commandadore, messo della cancelleria criminale Canocchia, venditore di zucca
[ Dal sito della compagnia teatrale]
Visualizza pieghevole